La variante altoatesina è sicuramente una delle più spettacolari del Sentiero Italia Cai. Un tracciato frutto del lavoro di ricerca di Carlo Alberto Zanella, Vice Presidente del Cai Alto Adige. – Denis Perilli e Lorenzo Comunian

A volte cambiare strada non è del tutto sbagliato. Anche il Sentiero Italia l’ha fatto, con le sue varianti che consentono di avventurarsi su sentieri non contemplati nel progetto originale degli anni ’80.

La variante altoatesina è sicuramente una delle più spettacolari del Sentiero Italia Cai. Un tracciato frutto del lavoro di ricerca (e di posizionamento dei bollini identificativi!) di Carlo Alberto Zanella, Vice Presidente del Cai Alto Adige. Quando da Salorno, in Val d’Adige, si sale al Rifugio Potzmauer si insinua il dubbio: proseguo sul percorso storico puntando verso il Lagorai, Cima d’Asta, le Pale di San Martino e la Marmolada, o mi incammino più a nord verso l’Alto Adige?

Verso il corno bianco e il corno nero

Straripanti di emozioni indotte

Comunque vada sarà un successo, pronunciava non ricordo chi, e mai affermazione fu più azzeccata in questa situazione. E allora questa volta inseguiamo la novità, Alto Adige sia.  Ogni volta, prima di partire ci si fa un film mentale, si immagina come potrà essere il percorso. In questo caso è inevitabile puntare dritti ai panorami eccelsi delle Dolomiti, e sta proprio qui la fregatura, perché quelle che si potevano considerare come delle tappe di avvicinamento si mostrano fin da subito straripanti di emozioni indotte.

I boschi del Parco naturale Monte Corno lasciano il segno, i panorami verso “le montagne che verranno” ancor più. Invogliano proprio a ritornare. Il cammino porta gradualmente verso l’antica scogliera del Latemar, passando per scenografici borghi (Redagno di Sopra fra tutti) e, ahimè, foreste devastate dalla Tempesta Vaia. Quel che segue “puzza” piacevolmente di leggenda, fra il Lago di Carezza e il Catinaccio/Rosengarten è davvero impossibile non sentirsi dentro una di quelle saghe che raccontano di arcobaleni gettati in acqua e di giardini di rose che si accendono di fiammanti colori al tramonto.

Magia e stupore

La magia è inspiegabilmente avvolgente. Catinaccio che si lascia per scendere in Val di Tires, dove il verde domina e dona energia vitale agli occhi e alla mente. Saliti verso lo Sciliar lo stupore aumenta, se possibile e, proseguendo verso l’Alpe di Tires gli occhi trovano commozione. Ma non è finita certo qui, anzi! Alpe di Siusi, che si aggira restandone alti, e Sassolungo ci accompagnano sornioni verso la Val Gardena, patria degli scultori lignei.

Nulla lascia presagire che la rassicurante Vallunga sia la porta d’accesso di un altopiano dai più definito come “lunare”. Qui regna il tormento, il millenario lavorio di acqua, ghiaccio e carsismo che in serie hanno scavato e disegnato fra le rocce calcaree e dolomitiche. Scesi a Colfosco, in Val Badia, si insegue l’ennesima salita, che questa volta porta sulla bancata orientale del Gruppo del Sella, montagna che fa da fulcro a tutto il mondo ladino. La variante trova degna conclusione con la discesa ad Arabba, in territorio di Livinallongo, dove va ad abbracciare il percorso trentino prima di proiettarsi verso l’ennesimo spettacolo delle Dolomiti venete.

Denis Perilli e Lorenzo Comunian

 

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