Altropasso e il Grand Tour enogastronomico sul Sentiero Italia CAI:
i Monti Lattari in Campania chiudono la tappa meridionale
Dopo la prima tappa in Sicilia e la seconda in Calabria, il Grand Tour Enogastronomico sul Sentiero Italia CAI di Irene Pellegrini e Barbara Gizzi – che insieme costituiscono l’associazione Altropasso – attraversa la Campania e si affaccia sulla Costiera amalfitana, passando per i Monti Lattari. Con la pizza tramontina e il provolone del Monaco si chiude la prima tranche del loro Grand Tour: di seguito il racconto delle protagoniste di questo viaggio a piedi sulle tracce della storia culinaria del nostro Paese lungo il Sentiero Italia CAI.
Dopo due settimane in Aspromonte, partendo da Rosarno arriviamo con un treno e due autobus, al Valico di Chiunzi, sopra Tramonti, nel cuore dei Monti Lattari. Raggiungiamo da lì l’Alta via dei Monti Lattari già sentiero CAI 300 che oggi fa parte del Sentiero Italia CAI, sul quale camminiamo per due giorni lasciandolo dopo aver passato il Monte Cerreto e scendendo poco prima del Monte Faito, per raggiungere Agerola e la storia del provolone del Monaco.
Sul Sentiero Italia CAI verso Agerola e il formaggio ‘degli Dei’
L’obiettivo del nostro viaggio a piedi lungo lo stivale è scrivere di cibo, di accoglienza e di ospitalità. La storia della viandanza e della cultura gastronomica, infatti, sono legate a doppio filo e raccontano, insieme, l’odissea mobile e itinerante del genere umano. Grazie agli incontri (e gli scontri) ai viaggi, agli spostamenti, si creano quelle tipicità che troppe volte vengono ricondotte solo e soltanto a un territorio e ai suoi attuali abitanti come se, invece di spostarsi e mescolarsi nel corso della sua storia, l’uomo e il suo cibo fossero ibernati nello spazio e nel tempo.
Ed ecco che soggiornando nel nostro primo posto tappa sui Lattari prima di partire a piedi alla volta di Agerola, scopriamo, dopo averla appena assaggiata al ristorante del punto tappa del Sentiero Italia presso il Valico di Chiunzi, che la pizza di Tramonti non è una pizza qualunque.

A marchio De.Co, ossia di denominazione comunale, marchio nato in seguito ad una legge del 1990 che consente ai Comuni la facoltà di disciplinare in materia di valorizzazione delle attività agroalimentari tradizionali, la pizza tramontina, sicuramente tradizionale è anche migrante per eccellenza.
Come altrove, anche a Tramonti, l’antenato della pizza così come la conosciamo oggi è una ‘schiacciata’ di farina di cereali inferiori come segale, orzo e miglio che veniva amalgamato con acqua e un po’ di lievito e consumata appena sfornata con le erbe a disposizioni o un po’ di lardo. Solo col passare del tempo, a Tramonti, come altrove, la schiacciata diventa pizza con l’aggiunta di pomodoro, origano, acciughe, mozzarella e, girando il mondo in lungo e in largo, praticamente qualsiasi ingrediente ci possa venire in mente.
Cos’ha allora di speciale la pizza tramontina? Che ne è piena Novara!
Oggi le pizzerie tramontine nel nord Italia (e nel mondo) sono centinaia e migliaia i suoi pizzaioli, molti di seconda e terza generazione. La storia inizia negli anni ‘40 quando Luigi Giordano un ragazzo tramontino militare a Loreto di Novara si accorge con sgomento che a quelle altitudini la mozzarella non è conosciuta e decide di iniziarne la produzione. Dopo i primi insuccessi (le visioni, anticipando il corso degli eventi, stentano ad essere immediatamente capite) il successo arriva e con questo anche la voglia di pizza e di mozzarella. Giordano, diventato ‘o miliardario’ apre così la porta ad un’emigrazione a catena che porta generazioni di pizzaioli al Nord.
Scoperta, inaspettatamente, la pizza tramontina, lasciamo il Valico di Chiunzi per salire sul Sentiero Italia CAI camminando la tappa che ci porta al rifugio Santa Maria dei Monti, punto tappa del Sentiero Italia CAI e già descritto da John Murray nel suo “Manuale dei viaggiatori nel Sud Italia” (Londra, 1883) per il suo panorama sul golfo di Salerno che noi abbiamo avuto la fortuna di vedere al tramonto. Se il rifugio citato nel Grand Tour di Murray è ancora lì ad accogliere il viaggiatore è merito della tenacia dei ragazzi che lo gestiscono e che lo hanno ristrutturato in modo attento e curato. Noi ringraziamo Antonio Bonaventura (foto 2 ragazzo cibo rifugio) che ci ha fatto assaggiare le specialità casalinghe di salumi, naturalmente i formaggi, le verdure sott’olio e un’altra chicca della regione, i taralli di Agerola. Splendida l’accoglienza e meravigliosa la cena.
Il giorno successivo raggiungiamo Agerola dove restiamo due notti per raccogliere informazioni sul provolone del Monaco e la sua storia. Difficile riuscire a ringraziare tutte le persone che hanno reso possibile l’immersione totale nel mondo del generale Paolo Avitabile e del suo Provolone del Monaco di cui racconteremo i viaggi globali nel libro che seguirà il Grand Tour enogastronomico.

In questa sede anticipiamo però che i segreti del formaggio di Agerola ci sono stati raccontati al caseificio Ruocco fondato nel 1960 da Matteo Ruocco e oggi portato avanti dai nipoti con una passione che pensiamo traspaia anche dalle immagini

Dietro ad un viaggio a piedi, un po’ inchiesta e un po’ reportage, come il nostro, c’è un grosso lavoro di contatti e di ricerca degli informatori e possiamo dire con soddisfazione di aver trovato i migliori anche in terra agerolese. Riguardo ai sentieri che da Agerola ci hanno portato, tra un pranzo e una cena, sia ad Amalfi, lungo il sentiero delle ferriere in un crescendo di cascate e limonaie sia a Positano, lungo il famoso e internazionale Sentiero degli Dei, ci hanno informato Enrico La Scaleia e Satva Esposito che, con la loro TrekVia, sono il punto di riferimento per gli escursionisti della costiera.
Testo di Irene Pellegrini e foto di Barbara Gizzi: “Altropasso”

