Lo stupore e l’incanto del Latemar e Catinaccio. Due nomi epici che solo a sentirli evocano visioni dolomitiche sensazionali, quelle da cartolina tanto per intenderci. Ebbene sì, il nostro cammino per le guide sul Sentiero Italia Cai ci ha portato anche qui, dove questioni geologiche particolari e meno scientifici e più fantasiosi discorsi si mescolano, regalando all’area un fascino davvero surreale. Partiti da Obereggen, località particolarmente colpita dagli schianti della Tempesta Vaia, ci siamo incamminati per raggiungere, il giorno successivo, San Cipriano, in Val di Tires.
Fra geologia e leggende dolomitiche
Dopo una breve traversata fra i boschi, ecco la prima chicca, il Lago di Carezza, perla incastonata sotto i Campanili del Latemar, meta di migliaia di visitatori ogni anno. La leggenda narra che lo specchio d’acqua fosse abitato dalla bellissima quanto schiva Ninfa Ondina che spesso usciva dall’acqua a cantare. Sul bosco che sale verso il Latemar abitava uno stregone che innamoratosene cercò di rapirla.

Usò vari stratagemmi, ma Ondina lo scopriva sempre e scivolava via in acqua. Sconsolato salì sul Catinaccio e chiese aiuto alla Strega del Masarè che accettò di spalleggiarlo. Gli consigliò di costruire un arcobaleno dalla vetta del Latemar al Lago di Carezza in modo da incuriosire Ondina. A questo punto lui avrebbe dovuto trasformarsi in vecchio che tagliando il nastro colorato realizzava gioielli d’aria. Una volta conquistata la fiducia della Ninfa sarebbe riuscito a condurla nel suo regno.
Rincuorato si lanciò entusiasta nel suo sogno di conquista, ma preso dall’euforia si dimenticò di travestirsi da vecchio e il tutto fallì miseramente. Deluso e infuriato distrusse l’arcobaleno e lo gettò nello specchio d’acqua. Ecco perché ora in questo lago incantato si possono ammirare tutti i colori dell’iride.
Superato il valico del Costalunga abbiamo risalito le pendici meridionali del Catinaccio/Rosengarten, passando sotto la formidabile “rotwand”, la parete rossa della Roda di Vael per andare a pernottare al Rifugio Fronza alle Coronelle. Ripreso il cammino, il giorno successivo, abbiamo cominciato a scendere fra le rocce e i boschi della Val di Tires, ignari di quello che ci aspettava, in termini panoramici. Questo è il Regno di Re Laurino, colui che per difendersi ha reso trasparente il suo giardino di rose, dimenticandosi però dell’alba e del tramonto, momenti in cui la sua montagna si tinge di rosa se non di rosso.
Tra stupore e incanto
Dopo aver perso un po’ di quota il nostro stupore ha tarpato qualsiasi pensiero, impossibile non rimanere impietriti davanti a scenari che rasentano la perfezione, dove verticali pareti e spuntoni (fra cui anche le Torri del Vajolet) emergono da pascoli talmente smeraldini da sembrare dipinti. La discesa verso San Cipriano è un susseguirsi di scorci che ogni amante della montagna dovrebbe poter ammirare almeno una volta nella vita.
Inizialmente si parlava pure di geologia, ebbene sì, la zona eccelle anche in questo senso. Il Latemar ha una particolarità, assieme alla sorella Marmolada è costituito da calcare e non da dolomia. Il Catinaccio invece è ciò che rimane di una splendida barriera corallina, se osservato da lontano mostra chiaramente i livelli di accrescimento verticale e laterale dovuti alle variazioni del livello marino e allo sprofondamento dello stesso complesso vivente.
Ogni tappa una sorpresa. Questo è il nostro motto ormai.
Denis Perilli e Lorenzo Comunian