A colloquio con il fiorentino Gianfranco Bracci, che in passato fu tra gli ideatori del progetto e rivestì la carica di direttore dell’Associazione SI

«Il rilancio del Sentiero Italia CAI non può che farmi molto piacere. Negli anni ’80, sono stato tra i suoi ideatori insieme ad amici come Riccardo Carnovalini, Alfonso Bietolini, Stefano Ardito, Furio Chiaretta, Giancarlo Corbellini, Roberto Mantovani e altri ancora; ho anche fatto il “progettista” per la GEA, la Grande Escursione Appenninica, e sono contento di questa rinascita».
Chi parla è Gianfranco Bracci, fiorentino di nascita e “pre-appenninico” di Calenzano per scelta, conoscente e amico di Fosco Maraini, ex insegnante, giornalista, scrittore, fotografo, consulente istituzionale, appassionato di montagna nella sua declinazione più ampia, dal trekking alla mountain bike, dalla fotografia all’impegno costante nel trasmettere agli altri la sua cultura del camminare. Nel 2015, con Marco Parlanti, ha scritto I segreti della via Etrusca (Itaca editore) e, più di recente, ha firmato una delle guide più particolareggiata sul “nordic hiking”, una delle moderne tecniche di camminata con i bastoncini curvé. E non da ultimo, va ricordato che Bracci è anche stato il direttore dell’Associazione Sentiero Italia: ne conosce quindi la genesi.
La GEA (Grande Escursione Appenninica) è parte integrante del Sentiero Italia. E il Sentiero in effetti visto da un “progettista” ha bisogno di un grande lavoro, non è così?
Ho lavorato al progetto GEA alla maniera “italiana”. Prima di far partire il percorso m’informai bene,su com’erano – e su come sono – e sono, organizzati i grandi percorsi internazionali. Questo per segnalare i punti di pubblica utilità, per la segnaletica sul percorso, per i posti tappa…
Oggi gli appassionati del cammino hanno spesso le tempie… ingrigite dal tempo. Non pensi che ci sia bisogno di un rilancio dell’attività, coinvolgendo soprattutto i giovani?
Sono più che d’accordo. Però allo stesso tempo, visto che ho fatto l’insegnante, sono pure dell’idea che la situazione stia migliorando. Sono convinto che ci sia un rinnovamento in atto. E che le cose, da quando io cominciai a camminare in montagna, cioè negli anni ’70, abbiano comunque mantenuto una loro omogeneità. Senza conoscere periodi di crisi: i nostri sentieri, vengono percorsi – allora come oggi – da ventenni, da trentenni e così via… e ci sono anche degli ottantenni (ride, ndr.)”
Qual è il fascino del trek? Qual è il segreto del camminare su percorsi a lunga percorrenza?
Per capire, bisogna provare. Naturalmente occorre essersi preparati adeguatamente, il che non vuol dire ammazzarsi di ginnastica, ma prepararsi sì, con coscienza, per camminare con gusto. Se lo si fa giorno per giorno, si entra a mio avviso in un’altra dimensione, una visione diversa della vita. Onirica, come la definisce Hermann Hesse quando scrive dell’“essere in cammino”. Ci si estrania da tutto il resto, la pratica quotidiana del cammino è una specie di “purificazione” mentale, ci si preoccupa solo delle proprie esigenze primarie. La fame, la sete, il dormire. Io la chiamo “meditazione camminata”
È questa la sensazione che si prova quando si parte per percorrere il Sentiero Italia CAI?
Se conosci questa dimensione, sì. Il camminare diventa allora una forma di droga, non nociva. Ti ripulisci, per usare un termine di oggi: ti “resetti”. E ti fa bene. Mi piace trasmettere questa percezione ai giovani. Sono “ricettivi”. E i giovani che camminano ci sono. Parlo per esperienza diretta, te l’ho detto: ho fatto l’insegnante. Sai quanti ragazzi ho portati sui sentieri del’Elba, del Casentino, del Mugello, per la gita scolastica di fine anno?
Quando si arriva in fondo a un percorso di lunga percorrenza, qual è la sensazione?
La prima? Dispiace. Dispiace, sì, dopo 5-7-10 giorni o dopo un mese che “sei in giro”. Prima non vedi l’ora di arrivare, dopo… ricominceresti subito. È il piacere di camminare, ma è difficile secondo me trasmetterlo a chi non l’ha provato. Ricorro a un esempio che faccio spesso. Se si prendi un aereo per l’Australia, ti sembra di fare un viaggio infinito, anche il mezzo di cui disponi va a una velocità elevatissima. Quando cammini, ed entri nella dimensione che ho spiegato prima, perdi la cognizione del tempo. Voglio dire che la percezione della distanza scandita dal tempo è inversamente proporzionale a quella reale. Ne parlo nei dettagli in un mio libro: Il piacere del camminare.
C’è però un pensiero diffuso. Dice che il camminatore esperto ha quasi… piacere nel perdersi e nel ritrovare l’orientamento senza l’ausilio dei segnaletica. E’ così?
Non è il mio caso, trovo piacere nell’individuare le indicazioni giuste lungo il mio cammino. Ma è vero, ci sono i patiti delle sfida estreme nei confronti con sé stessi. Ne percepisco il valore, il restituire ai sensi di cui l’uomo è dotato la piena sensibilità. Io ricordo un trekking in Corsica in cui per almeno quattro giorni ci trovammo senza alcun riferimento con il mondo, per così dire, esterno. Solo dopo quei giorni sentimmo il rumore dei motori di automobili. Pensammo di essere vicini ala strada, invece eravamo ancora distanti molti chilometri. Il silenzio aveva affinato la nostra sensibilità, avevamo sentito il rumore delle auto persno ad alcune ore di distanza dalla strada.
C’è una parte del Sentiero Italia CAI che non hai esplorato e che ti piacerebbe scoprire, in particolare?
Ce ne sono tante. Ad esempio, non sono mai andato a camminare più a sud del Gran Sasso. Prima o poi, mi piacerebbe scoprire la zona del Pollino, là dove c’è il Pino Loricato, un albero che, Pollino a parte, ritrovi solo nei Balcani.
Sei ottimista sul ripristino del Sentiero Italia CAI ?
È soprattutto l’idea a piacermi. Mi piace pensare all’esempio del presidente dell’Associazione Sentiero Italia, Riccardo Carnovalini che da un anno è in cammino sui sentieri di tutta Europa. Vive di cammino. Sono sicuro che non si arricchirà mai, ma è già… ricco. Di esperienza, di emozioni. Pensate solamente a quanto fu importante, in passato, la sua esperienza: Riccardo fu tra i primi a lanciare l’allarme sul fatto che le coste italiane che si stavano ritirando, grazie alla sua osservazione diretta, partecipata. Completa.
Hai qualche consiglio da regalarci?
Consigli? Non ne ho: gli esperti delle varie sezioni CAI non hanno bisogno delle mie parole. Sono loro che si occuperanno delle cose da fare. L’importante è che ogni sera, dopo aver percorso la sua tappa giornaliera del Sentiero Italia CAI, chi affronta la prova trovi da dormire, da mangiare, da fare un po’ di spesa. Il backpacking non mi convince. poter disporre di un percorso attrezzato di lunga percorrenza come il Sentiero Italia CAI è una cosa gratificante, e la sua definitiva messa a punto è così impossibile.