Chi sono gli autori del terzo volume delle Guide ufficiali Sentiero Italia CAI? Francesco Bevilacqua, Saverio Bianco, Saverio De Marco, Marco Garcea, Peter Hoogstaden, Vito Paticchia, Luigi Zaccaro e Marta Zarelli. In questo volume raccontano le tappe del Sentiero Italia CAI che, partendo da Reggio Calabria arriva a Senerchia, attraversano la Calabria, la Basilicata e infine approdando in Campania.

Abbiamo intervistato due degli autori di questo volume tre, Marco Garcea e Saverio De Marco, e ci siamo fatti raccontare dettagli, difficoltà e situazioni vissute durante quest’esperienza di cammino e di scrittura.

Ogni autore ha percorso un tratto del Sentiero Italia CAI valutando lo stato dei sentieri e della segnaletica, individuando punti di interesse, di ristoro, di approvvigionamento d’acqua e tracciando il percorso. Tutti gli autori scelti sono appassionati trekkers e al contempo scrittori: una doppia identità che sicuramente vi ha esposti a difficoltà e soddisfazioni di diversa natura.

Marco e Saverio, da dove siete partiti e quando e dove siete arrivati…

Marco: Questa straordinaria avventura ha avuto inizio dal passo della Limina, confine naturale di due importanti rilievi montuosi dell’appennino meridionale: l’Aspromonte, la montagna dei segreti, che l’autore Vito Paticchia svelerà nei suoi racconti, e le Serre, la montagna dei boschi e delle acque, antico crocevia di scambi commerciali e culturali. Il passo era percorso da pastori, pellegrini, carbonai, boscaioli, contadini e collegava la costa ionica a quella tirrenica e viceversa. Già dal periodo Magno Greco era punto di riferimento degli antichi Locresi. Attraverso il sentiero dei Greci si raggiungevano le colonie di Medma, l’attuale Rosarno e Hipponion, l’attuale Vibo Valentia. Il tratto di Sentiero Italia offre ampi panorami verso il mare e i paesi costieri, ampie radure che si alternano a boschi di faggi, pini, abeti secolari e angoli toccanti come le rocce tappezzate di verde di muschi e licheni. Superate le storiche località di Fabrizia, Mongiana, Serra San Bruno, Torre di Ruggiero, San Vito sullo Ionio e Girifalco, si transita per le montagne del Reventino, prolungamento occidentale della Sila Piccola, a ridosso della parte più stretta della penisola italiana, l’istmo di Catanzaro, e raggiungere la leggendaria Tiriolo da dove si ammira uno dei panorami più belli d’Italia, per poi proseguire verso l’altopiano silano, luogo dell’anima, con la sua ricca biodiversità, le colorate valli contornate da alberi secolari, le limpide acque di fiumi, cascate, torrenti e ruscelli che regalano emozioni indescrivibili.

Saverio: Il mio viaggio nel percorrere il Sentiero Italia per il volume 3 delle guide ufficiali del Sentiero Italia CAI comprende le tappe da Sant’Agata d’Esaro, in Calabria, dove inizia il Parco Nazionale del Pollino fino a Fortino, al confine tra Basilicata e Campania. Il mio contributo è consistito nella descrizione di 12 tappe contigue in totale. Va detto subito che vivendo in montagna nella frazione Mezzana Salice di San Severino Lucano, a ridosso delle cime Massiccio del Pollino, certi tratti ricadenti in alcune tappe del Sentiero Italia è come se fossero “casa mia”, avendole percorse centinaia di volte da solo, con amici o accompagnando per lavoro gruppi di visitatori. Per le tappe sulle aree che conoscevo meno bene o dove non ero ancora stato, ho deciso di intraprendere dei trekking di più giorni, che si sono svolti in autosufficienza con tenda, sacco a pelo e viveri. Il primo trekking, di tre giorni e in solitaria, si è svolto a luglio 2020 nell’area del Monte Alpi e del Massiccio del Sirino in Basilicata (Latronico, Castelsaraceno, Conserva di Lauria, Lago Sirino). L’ho raccontato nel numero di Montagne 360° di ottobre 2020 (“Un vagabondo lungo il sentiero Italia”). Il trekking più impegnativo e “avventuroso” ha riguardato l’area dei Monti dell’Orsomarso, nell’ottobre 2020: in questo caso mi ha accompagnato un giovane amico, Marco Simonetti (CNSAS Basilicata). Siamo stati per quattro giorni a scarpinare su sentieri di montagna con uno zaino pesante in spalla, senza incontrare anima viva, tra boschi fitti di bassa quota, immense faggete e splendi pianori d’alta quota,  bivaccando due notti all’aperto con tenda e sacco a pelo e concedendoci solo una notte nell’hotel di San Sosti. I trekking in autosufficienza non sono come quelli da rifugio a rifugio, richiedono un notevole spirito di adattamento, impegno fisico e pazienza, ma in cambio di sicuro regalano forti emozioni.  Anche questa “avventura” è stata raccontata in Montagne 360° del giugno 2021 (“Sui sentieri dell’Orsomarso”). L’altro trekking decisivo, di due giorni e in solitaria (svoltosi ai primi di luglio 2021),  mi è servito per raccontare le tappe da Lago Sirino a Rivello e da Rivello a Fortino,un percorso che mi era ignoto. In questo caso lo zaino era leggero anche perché ho attraversato parecchie aree antropizzate, con tratti di trekking “urbano”, come nello splendido borgo di Rivello. Dalle campagne abitate passavi a gole e boschi fitti e pieni di vegetazione, facendoti strada a volte con un grosso coltello per passare tra i rovi, come se ti trovassi in una specie di giungla. Anche in questo caso ho bivaccato da solo nei boschi. Quella sera faceva molto caldo ed era pieno di zanzare, un calabrone mi ronzava attorno mentre mangiavo…la tenda mi servì soprattutto per non essere divorato dagli insetti. Il resto delle tappe le ho percorse “a pezzi” e in certi casi in mountain bike, dato che si svolgevano in gran parte su sterrati e strade forestali (come la tappa San Severino Lucano- Latronico). In tutti questi trekking è stato importante l’aiuto di alcuni amici: oltre a Marco volevo ricordare Giorgio Braschi, Maurizio Lofiego e Cesario Carluccio per il supporto logistico. Ringrazio inotre le sezioni del CAI Castrovillari e del CAI Lagonegro per il lavoro di  segnaletica lungo il SI CAI.

 

Qual è stato il momento più difficile lungo il cammino e quale quello più bello? 

Marco: Non ho avuto momenti difficili: la bellezza del percorso, l’incontro con la gente del luogo, l’accoglienza nei punti di ristoro, hanno reso il viaggio incredibilmente fantastico e poco faticoso. Il momento più bello, l’incontro con una giovane volpe nei pressi di Madonna di Porto, il suo sguardo magnetico mi ha stregato. Ma anche le chiacchierate con i pastori, il formaggio fresco offerto e consumato ad ascoltare le loro storie accanto lo scorrere dell’acqua dei fiumi. Momenti indimenticabili.

Saverio: A dir la verità momenti difficili veri e propri non ce ne sono stati, è andato tutto bene come previsto, anche se sapevo che i sopralluoghi richiedevano escursioni lunghe e faticose, con uno zaino da 70 litri pieno di roba. Un momento di difficoltà forse l’ho avuto percorrendo in solitaria la lunga tappa Castelsaraceno – Conserva di Lauria. Era luglio, faceva caldo, parecchi tratti si svolgevano su asfalto e si camminava sotto il sole cocente, i piedi mi facevano male. Arrivato a fine tappa ero sfinito e accaldato, mi sono letteralmente fatto una specie di doccia sotto una fontana di acqua fredda. Di momenti belli ce ne sono stati tanti: in generale sono quelli che subentrano quando ci si sente in profonda sintonia con un luogo, quando “si sta bene” tra rocce, alberi, muschi, animali…quando ci si sente a casa, a proprio agio, indipendente dallo scopo che lì ci ha condotti. Perché lo spirito wilderness è prima di tutto sentimento. Ma momenti belli riguardano anche le relazioni che si instaurano con gli altri. Ad esempio incontrai un giovane cane in una masseria che mi seguì per un bel tratto. Ero preoccupato, il cane non voleva tornare indietro, si divertiva a correre nei prati, mi avrebbe di sicuro seguito fino alla fine. Finalmente trovai la strada sbarrata da un cancello, lo aprii, passai e lo richiusi e così non poté più venirmi appresso. La cosa mi commosse un po’, lo vedevo mentre cercava di intrufolarsi senza successo tra i buchi della rete. Da poco era morto il mio cane, Buck, e quel cucciolo era stato il compagno di un vagabondo solitario, anche se per poco tempo. Si era appena creato un legame ecco, di quelli che si possono instaurare appunto durante i cammini, per caso. Ma il cane il padrone ce l’aveva già ed era giusto imporgli di tornarsene a casa.

 

La cosa più bella che hai trovato lungo il Sentiero? La cosa più bella che hai scoperto di te lungo il Sentiero?

Marco: I pini larici e abeti bianchi della Sila sono la cosa più bella che poteva capitare. Alberi possenti e maestosi, alti anche 40 metri, trasmettono un’energia unica. Abbracciandoli ti donano quel carburante per l’anima e la forza per proseguire il cammino senza patire il minimo sforzo fisico. Provare per credere!

Saverio: Difficile scegliere. Se non fossero luoghi già così familiari, avrei detto i panoramici Piani di Pollino contornati dalle cime maestose e l’incontro con i monumentali pini loricati del Pollino, dalla corteccia suddivisa in placche. Ma, riferendomi a ciò che di nuovo ho potuto vedere durante il cammino, un’escursione che mi ha lasciato a bocca aperta nell’ultima tappa percorsa è stata quella alla Serralunga (una montagna che si affaccia sul Tirreno), quando ho “scoperto” una splendida e poco conosciuta foresta di aceri colossali, una meraviglia naturale che non mi aspettavo di incontrare lungo il percorso. Altri posti esclusivi che ho rivisitato volentieri lungo il Sentiero Italia sono gli estesi pianori carsici de Il Campo e dei Piani di Masistro, nei Monti dell’Orsomarso. Cosa ho scoperto di me lungo il sentiero? Be’, sicuramente la conferma della mia predisposizione a vagabondare libero per montagne e foreste oppure “on the road” per paesi e contrade, oltre che la ricerca della solitudine, una condizione che oggi è quasi un tabù, anche nel mondo degli appassionati di escursionismo. Mi sono reso conto che il mio “coraggio” nel camminare e bivaccare da solo nei boschi non è sfida “superomistica” nei confronti della natura, ma una sorta di sintonia acquisita con essa. È la sensazione di non trovarsi a contatto con qualcosa di ostile, è sentirsi parte del bosco. Gli stessi animali non li percepisci più come fonte di pericolo: tu stesso diventi un animale tra gli altri, che vuole solo andare per la sua strada ed essere lasciato in pace. Ciò che ho scoperto, per farla breve, è che nelle foreste come sulle creste montuose,  “io non ho paura”, il che non vuol dire ovviamente che non si è consapevoli dei rischi (inevitabili) che la montagna comporta. È più che altro un sentimento che si fa strada quando vaghi libero nei boschi.  Essere sicuri delle proprie capacità fisiche e di adattamento all’ambiente e apprezzare come momenti di libertà anche gli inevitabili disagi che subentrano nei trekking. La montagna inoltre è maestra di vita…e non è retorica: acquisisci la consapevolezza che per vivere ed essere sereni bastano poche cose, come un comodo giaciglio dove riposare, un sorso d’acqua, un pasto caldo, dell’ esercizio fisico e soprattutto avere l’occasione di essere circondati dalla bellezza della natura, che è allo stesso tempo fonte inesauribile di conoscenza.

 

La tua tappa preferita e perché? 

Marco: La tappa preferita è la n°17, da Villaggio Buturo a Villaggio Caporosa, nel cuore della Sila catanzarese. Un percorso suggestivo in contatto diretto con la natura. Niente case, strade, auto, ma il silenzio della natura alla riscoperta del vero senso della vita, della pace interiore di cui ognuno di noi ha bisogno.

Saverio: La mia tappa preferita è “Morano – Madonna di Pollino”, nel cuore del Parco del Pollino, si tratta di un suggestivo cammino,  immerso tra natura e cultura, che collega Calabria e Basilicata, i versanti calabresi e quelli lucani settentrionali del Massiccio. Una tappa che permette di immergersi nella natura selvaggia del Pollino, attraversando splendidi pianori, al cospetto di cime maestose e passando accanto ai grandi patriarchi di Pino loricato – il vero simbolo del Parco – monumentali alberi modellati dagli elementi, dai rami contorti e dalle possenti radici, con la caratteristica corteggia suddivisa in placche, che popolano gli ambienti rupestri di quest’area. Come dicevo, è una tappa dove c’è tanta natura selvaggia ma anche tanta storia: dal bellissimo centro storico di Morano, passando per i ruderi del Convento di Colloreto, si sale lungo l’impervia Scala dei Moranesi (o di Gaudolino)  arrivando a Piano Gaudolino, un sentiero percorso in passato da pastori, contadini e pellegrini, all’epoca una delle vie più brevi per valicare le montagne; da Piano Iannace inoltre si giunge a fine tappa a uno dei luoghi di culto più importanti del Parco, per la presenza del Santuario della Madonna del Pollino, posto su una rupe a 1500 m. Sono per me “luoghi dell’anima”, a ridosso di queste montagne sono nato e cresciuto, ogni giorno posso osservarle dalla  finestra della mia stanza. Per fare un paragone, per me queste montagne sono come le Black Hills per i Sioux Lakota o la Monument Valley per i Navajos, cioè dei veri e propri luoghi sacri. Un termine appropriato per esemplificare questo legame è quello di Heimat, di cui parlava anche il filosofo Heidegger, che rinvia non tanto, come l’italiano ‘patria’ ed il corrispondente tedesco Vaterland, ad una comunità statale o nazionale, ma alla piccola comunità, al luogo fisicamente e paesaggisticamente determinato, in cui si è nati e cresciuti e in cui “ci si sente a casa”, per confidenza acquisita attraverso una lunga frequentazione e una profonda sintonia. Discorsi che in tempi di globalizzazione possono suonare anacronistici, di questo me ne rendo conto.

 

La tappa più dura? 

Marco: Una frana sul monte Cocuzzolo, tra Caraffa di Catanzaro e Marcellinara, ha impedito di proseguire il mio cammino. Problema, comunque, superato continuando lungo una variante tracciata dalla sezione locale del Cai Catanzaro, percorso oggi diventato ufficiale SICAI.

Saverio: Indubbiamente Madonna del Pettoruto – Piano di Lanzo, nei monti d’Orsomarso. Una tappa lunga e dall’elevato dislivello, che andrebbe sicuramente percorsa con uno zaino leggero e non con uno zaino da 70 litri pieno. Con Marco Simonetti partimmo da San Sosti, ma anche così la tappa fu faticosa ed estenuante, anche se meravigliosa per i boschi, i panorami,  le foreste silenziose e i pianori attraversati. Al tramonto eravamo ancora nei boschi, ricordo che incontrammo un capriolo che fuggì velocissimo e arrivammo molto stanchi quando era già buio; il Rifugio Piano di Lanzo era chiuso e dovemmo montare le tende alla luce delle nostre lampade frontali.

 

Qual è il tratto di Sentiero dei tuoi colleghi che ti piacerebbe fare?

Marco: Mi piacerebbe percorrere quelli del Molise, regione poco conosciuta ma che ha tanto da svelare. Nel mese di Agosto del 2019 ho percorso brevi tracciati e sono rimasto molto affascinato dai graziosi borghi collegati dagli antichi tratturi. Ci tornerò con grande piacere.

Saverio: Sicuramente opterei per una traversata delle Alpi e soprattutto per quelle tappe che consentono l’immersione nella wilderness di queste montagne, nelle aree più integre e selvagge. Le Alpi sicuramente rappresentano una catena montuosa molto diversa dall’Appennino meridionale, oltre che per geomorfologia anche per flora, fauna, paesaggi e tipologie di escursione. Sono già stato sul Breithorn e sul Gran Paradiso e sicuramente mi piacerebbe continuare nell’esplorazione di altri gruppi montuosi del nord Italia. Ho già avuto modo di sfogliare i volumi di scrittori che collaborano con Idea Montagna come Denis Perilli, Lorenzo Comunian, Andrea Greci e altri autori che si sono occupati del Sentiero Italia CAI, i cui libri sono indubbiamente uno stimolo valido a intraprendere un cammino del genere.