Il lupo (Canis lupus) è forse l’animale simbolo dell’Italia. Dalla fondazione di Roma alle allegorie medievali, ha percorso la nostra fantasia e la nostra storia. È una delle più affascinanti specie che possiamo incontrare lungo lo stivale. Oggi è presente in Italia a varie latitudini, e il suo areale, lo spazio geografico in cui è possibile incontrarlo (riconquistato negli ultimi decenni), incontra quasi interamente il percorso del Sentiero Italia CAI.
Storia di una specie

“Il lupo era presente in epoca storica in tutto l’Olartico. Una regione che comprende l’emisfero Nord, euro-asiatico e americano – spiega Davide Berton, coordinatore nazionale del Gruppo Grandi Carnivori Cai -. La sua distribuzione era limitata solo da elementi naturali: deserti o foreste tropicali”.
Agli albori della storia dell’uomo, il lupo non era visto come un nemico. In quel periodo l’uomo è principalmente un cacciatore e un raccoglitore. A volte vede addirittura il lupo come un modello. Spiega Berton: “Molte erano le analogie tra l’uomo ed il Lupo. Dovevano cacciare le stesse prede. Difendere i loro territori. Essere forti e agili. Resistere alla fame e alle mutevoli condizioni climatiche e ambientali. Anche la loro struttura sociale era simile. I lupi come gli uomini vivevano in gruppi famigliari, in cui ogni individuo era essenziale per la sopravvivenza degli altri”.
Con la rivoluzione Neolitica l’uomo è diventato un agricoltore e un allevatore. Questo deteriorò il rapporto con il lupo. “Il lupo diviene quindi una seria minaccia per gli animali domestici”, racconta l’esperto.
Nella cultura classica, greca e latina, il lupo non ha ancora una connotazione negativa. “Dal Medioevo all’animale fu associata un’identità maligna. Ne nacquero credenze, leggende e favole che lo vedono protagonista spesso negativo. Le ragioni di questo cambiamento vanno rintracciate nella struttura sociale di quel periodo, con l’affermazione di un’economia rurale di sussistenza che poteva davvero essere minacciata da questo grande carnivoro. Sorse quindi un pregiudizio sopravvissuto alle evidenze scientifiche, che ne hanno invece sottolineato il ruolo essenziale e l’importanza per il mantenimento dell’equilibrio degli ambienti naturali”.
Il lupo oggi
“Oggi – secondo i dati ufficiali – popolazioni consistenti di lupi sono presenti in Nord America, in Asia centro settentrionale, nei territori dell’ex Unione Sovietica e nei paesi dell’Europa centro-orientale. Altre popolazioni, isolate tra loro, sono presenti nella penisola iberica, in Italia, in Scandinavia, nei Balcani e in Medio Oriente”. È interessante evidenziare anche che “il lupo sta vivendo una notevole fase di ripresa spontanea nei territori da cui era scomparso totalmente, come in Francia, Germania, Svizzera e alcuni stati settentrionali degli USA”.
Dopo aver rischiato l’estinzione, anche nel nostro paese il lupo ha conosciuto negli ultimi anni un’espansione significativa anche in Italia. Berton descrive la situazione attuale: “La popolazione in Italia è stimata in circa 2000 lupi (ma non ci sono censimenti dettagliati e precisi soprattutto per il settore appenninico e quindi la cifra segnalata è da prendere con le dovute cautele).
La distribuzione si estende dall’Aspromonte fino alle Alpi Orientali. Negli ultimi anni è vigoroso il suo ritorno nelle Alpi centro orientali, sia con esemplari provenienti dalle Alpi occidentali, che per soggetti provenienti da Carpazi e Alpi Dinariche”. Quindi il suo areale coincide con buona parte del percorso del Sentiero Italia.
Una interessante storia è quella di Giulietta e Slavc, una coppia di lupi simbolo che ha dato il via alla riconquista decisa del settore orientale delle Alpi, andando a stabilirsi in una zona al confine tra Trentino-Alto Adige e Veneto: il parco Naturale della Lessinia.
Giulietta è una lupa appenninica e Slavc è invece un maschio di origine dinarica. Sembra entusiasmarsi Berton: “È straordinario pensare che Slavc, lupo sloveno, abbia raggiunto la Lessinia percorrendo più di 1200 chilometri (era stato munito di radiocollare dall’università di Lubiana quando era giovane, e ne sono stati seguiti tutti gli spostamenti grazie al satellite). Questo documento concreto testimonia ancora un volta se ce ne fosse bisogno la grande capacità dispersiva della specie che è anche una delle chiavi su cui si basa il successo del Lupo”.
Il lupo appenninico

La specie Canis lupus comprende parecchie sottospecie, tra Eurasia e Nord America. Tra queste merita attenzione il lupo italico o appenninico, Canis lupus italicus, che presenta caratteristiche morfologiche e genetiche peculiari. La scoperta, che si trattava di una specie peculiare, fu fatta dallo zoologo Giuseppe Altobello nel 1921.
“Le dimensioni di questi animali variano a seconda dell’area geografica e della sottospecie considerata – spiega Berton -. In Italia il peso del lupo assume valori intermedi, oscillando, nei maschi adulti, tra i 25 e i 45 kg. La sua lunghezza totale è compresa tra i 100-150 cm, con un’altezza di circa di 70-80 cm e una coda di 30-50 cm”.
Il naturalista tratteggia la descrizione del carnivoro: “Gli occhi sono generalmente chiari. Di forma leggermente obliqua. Il lupo è dotato di corpo snello e robusto, con arti relativamente lunghi, torace stretto, testa ampia, muso appuntito, collo corto e coda di media lunghezza. Le orecchie sono di forma triangolare, con base larga e relativamente corte”.
Poi si sofferma sui suoi colori: “Il mantello è folto e di tonalità grigiastra in inverno e bruno rossiccio in estate. Sono spesso presenti bandeggi scuri tendenti al nero nella zona dorsale, sulla punta della coda e delle orecchie e, spesso, lungo gli arti anteriori (soprattutto nel lupo appenninico). Ventre, addome e mascherina facciale sono più chiare”.
Esistono poi delle variabilità di colorazione da individuo ad individuo tanto che sono presenti anche lupi dal mantello scuro quasi nero. Si è visto che probabilmente le colorazioni anomale a volte possono essere dovute all’ibridazione tra il lupo e i cani randagi presenti in numero notevolissimo purtroppo nel territorio italiano.
Il problema del randagismo e la conseguente ibridazione è uno delle preoccupazioni più serie per il Lupo, in quanto queste situazioni vanno ad inquinare la purezza della specie. Va detto che non ci sono evidenze scientifiche che i lupi ibridati con i cani domestici e randagi abbiano comportamenti diversi dai lupi selvatici anche perché essi sono nati cresciuti ed educati nel branco ed in natura.
Vita da Canis lupus
“Il lupo è il canide selvatico – spiega l’esperto – di maggiori dimensioni. La popolazione italiana di lupi vive generalmente in zone comprese fra i 300 e i 2500 m di altitudine, prediligendo aree dominate da bosco e boscaglia con buona disponibilità di prede selvatiche ma ultimamente si sta stabilendo anche in zone pianeggianti e vicino al mare. Tutto questo segnala la sua grande capacità di adattamento.
“Il lupo è una specie territoriale che vive in branco. Dispone di una vasta gamma di segnali comunicativi utilizzati sia verso esemplari dello stesso branco che nei confronti di lupi estranei. A breve distanza, la comunicazione avviene principalmente attraverso segni vocali o visivi: postura, posizione della coda, ecc.
A maggiore distanza, la marcatura del territorio avviene attraverso la deposizione di escrementi ed urine in punti strategici. L’ululato è però il richiamo più caratteristico ed impressionante, utilizzato sia per mantenere i contatti con i membri del branco, che per segnalare l’occupazione di una zona ad altri lupi”.
Convivenza uomini e lupi
Oggi è importante riflettere sull’aspetto sociale, segnala Berton: “Se il ritorno dei grandi carnivori è un aspetto positivo per l’ambiente naturale, la presenza di animali che possono predare anche animali allevati dall’uomo crea malcontento.
La gestione del conflitto tra uomo e predatori quindi è punto cardine per la sopravvivenza di queste specie. Solo attraverso il dialogo, la ricerca di soluzioni condivise ed il rispetto sia delle attività umane che degli animali selvatici si potrà raggiungere questo importante obiettivo”.
“I danni principali – aggiunge l’esperto Cai – derivati dalle predazioni del lupo, sono a carico del patrimonio zootecnico. Sono state così adottate una serie di misure concrete. Come il risarcimento del danno nei casi in cui animali domestici o allevati vengano predati. Inoltre è consigliabile: la presenza di un pastore con il gregge, che è meglio non lasciare allo stato brado; l’utilizzo di cani da guardiania; la chiusura notturna del gregge in recinzioni elettrificate o in pollai, conigliere ecc.”
Tutte accortezze necessarie ma non facili da introdurre e portare avanti, tanto che il problema principale è lo scollamento tra quello che sulla carta funziona e quello che nella realtà porta degli effetti concreti e positivi, che dipendono da innumerevoli variabili che per forza devono essere trovate con apertura ed ascolto verso chi vive e lavora tra i monti.
Da Roma a Ron, il lupo nella cultura italiana
Importante è dunque trovare un equilibrio. Anche perché il lupo è parte della nostra stessa identità culturale, fin dall’antichità.
Questo carnivoro è protagonista del mito sulle origini di Roma. Raccontavano gli antichi che Romolo, fondatore dell’Urbe, sarebbe stato allattato da una lupa, che sarebbe poi diventata il simbolo stesso della nostra capitale.
Nel Medioevo questo animale diventa protagonista di una delle più famose storie raccontate su San Francesco d’Assisi, considerato dai cattolici il patrono d’Italia. In uno dei suoi più famosi miracoli, il Santo avrebbe convertito un lupo feroce. Un momento della vita di San Francesco spesso descritto attraverso l’arte pittorica.
Incontriamo una lupa anche nel primo canto della Divina Commedia di Dante Alighieri, l’opera forse più importante, amata, studiata e conosciuta della nostra letteratura. Dante nella “selva oscura” descritta nel canto si imbatte in tre fiere, tra le quali la più spaventosa è proprio una lupa:
Ed una lupa, che di tutte brame
sembiava carca ne la sua magrezza,
e molte genti fé già viver grame,
questa mi porse tanto di gravezza
con la paura ch’uscia di sua vista,
ch’io perdei la speranza de l’altezza
La lupa era per il sommo poeta allegoria della cupidigia e dell’avarizia. La terza delle tre fiere viene descritta in modo più spaventoso e rappresenta l’ostacolo più difficile da aggirare nel percorso di Dante.
La nostra cultura è poi piena di citazioni e immagini che riguardano questo grande carnivoro, fino ai giorni nostri e alla musica pop. “Attenti al lupo” è il titolo di una canzone scritta da Ron e trasformata in tormentone da Lucio Dalla nel 1990. Una canzone bellissima, ma di cui ribalteremmo il significato: Attenti al lupo! Troviamo un equilibrio per convivere con questo animale così importante, non compromettendone la presenza nel paese di cui è anche un po’ il simbolo.
CARTA D’IDENTITÀ

Nome comune: Lupo grigio appenninico
Nome scientifico: Canis lupus italicus
Habitat: tra i 300 e i 2500 m di altitudine, predilige aree dominate da bosco e boscaglia
Alimentazione: Carnivoro
Peso: tra 25 e i 45 kg
Lunghezza: 100-150 cm
Altezza: 70-80 cm
Segni distintivi: Il mantello è folto e di tonalità grigiastra in inverno e bruno rossiccio in estate
*Ringraziamo per tutte le foto Antonio Iannibelli; per vedere i suoi blog clicca qui: 1, 2