Ai bordi del Sentiero Italia CAI è possibile a volte trovare sapori che la cucina tradizionale ha saputo esaltare, racchiusi in insospettabili erbe selvatiche. Un patrimonio culinario che affonda le sue radici nei secoli, mescolando il piacere del palato con proprietà benefiche. Riti e pozioni per pochi esperti. Bisogna stare attenti effettivamente, perché la natura è ingannevole a volte, traditrice.

Tra queste persone competenti c’è la socia Cai e dottoressa di Scienze naturali e per la Tutela dell’ambiente Elisa Barbara Coppola, esperta di fitoalimurgia, fitoterapia, aromaterapia ed in etnobotanica, discipline delle quali è docente all’interno di corsi monotematici di vari livelli. L’esperta è nata e vive in Sicilia e condividerà una parte di questo antico sapere, presentandoci una pianta e una ricetta, proveniente dalla cultura culinaria di un’isola che tanto ha dato alla gastronomia italiana.

Viviamo d’altronde in un’epoca in cui la quarantena ha riportato gli italiani a riscoprire tradizioni dimenticate. Mesi che hanno visto cuochi neofiti improvvisare ricette fatte in casa. Così anche per la rubrica il “Sentiero dei sapori”, riscopriamo il “rapastrello”, anche detto “ravanello selvatico” o in dialetto siciliano “razza”. Una specie di cui i territori dell’Etna solcati dal cammino che unisce il Belpaese è ricco.

L’arte delle erbe in cucina

“Ma avete anche piante buone solo per mangiare?” Domandai.
“Mio giovane puledro affamato, non ci sono piante buone per il cibo che non siano anche per la cura.”
Umberto Eco, Il nome della rosa

L’arte dell’uso delle erbe in cucina, con molta attenzione alle loro proprietà benefiche, è antichissima. “La prima pubblicazione che approfondisce l’argomento dal punto di vista scientifico è del 1767 – spiega Elisa Coppola -. È l’opera del medico e botanico fiorentino Giovanni Targioni–Torzetti che redige l’opera dal titolo ‘De alimentia urgentia’ e recante ‘Alimurgia’ come sottotitolo”.

Aveva una grande importanza di fronte alle crisi del passato. Abbiamo visto quanto oggi, malgrado i mezzi tecnologici a nostra disposizione, un’epidemia possa sconvolgere le nostre vite. Non sarà difficile immaginare le conseguenze che potevano avere questi eventi nei secoli precedenti: “L’opera del 1767 riguarda i prodotti spontanei della terra, in prevalenza delle verdure, di cui sfamarsi durante tempi di carestie, pestilenze, guerre. Eventi che all’epoca non erano rari e che impedivano lo svolgimento delle ordinarie pratiche agricole. La materia che si occupa dell’utilizzo delle piante spontanee per la nutrizione (all’interno dell’etnobotanica) è la Fitoalimurgia. Il termine ‘fitoalimurgia’ si compone di tre vocaboli greci: ‘phytòn’ = pianta; ‘alimos’ = che toglie la fame; ‘ergon’ = lavoro, attività”.

L’Etna e il rapastrello

Meraviglie d'Italia, Monte Etna

“La presenza dell’Etna (patrimonio UNESCO), è senza alcun dubbio un privilegio per noi siciliani”, dice con fierezza l’esperta. “Nei suoli vulcanici considerati tra i più fertili d’Europa, ci sono ben settanta specie tutte commestibili”. Aggiunge però un’ammonizione: “È assolutamente utile sottolineare che non tutte le piante selvatiche che si trovano in natura sono commestibili. Anzi, molte specie risultano essere tossiche e velenose per l’uomo e per molti animali”.

Tra le specie commestibili, il Raphanus raphanistrum è “ricca di sapore, tra il dolce e l’amaro e si può incontrare percorrendo i sentieri campestri”. Anche intorno al Sentiero Italia CAI è possibile trovare la pianta. La sua presenza in Sicilia, ci racconta la grande ricchezza in termini di biodiversità di questa isola, a cui contribuisce molto la presenza dell’Etna: “Questa specie appartiene alla famiglia botanica delle Crucifere ed è presente nelle zone fredde di Europa, Asia e Nordamerica”.

La pianta

rapatrello, erbe selvatiche, Sentero Italia CAI, Sicilia
Foto di Sebastiano D’Acquino

Coppola ci descrive questa pianta, da lei scelta per le sue ricette ispirate alla tradizione: “È una pianta erbacea annuale – cioè che compie il proprio ciclo vita all’interno dell’anno -. Ha foglie lirate, cioè la cui forma ricorda la lira, uno strumento musicale. I fiori hanno quattro petali bianco crema”.
I sepali, cioè la parte esterna del calice del fiore sono di colore viola. Le foglie sono spatolate, cioè più strette alla base e più larghe all’apice. “I frutti sono delle ‘silique’ (piccoli baccelli). Le parti commestibili della Razza sono le cime, ‘spicuneddi’, non fiorite, le foglie tenere e la parte basale del fusto (‘colletto’)”.

Il sapore

Con l’acquolina in bocca la docente ci racconta le qualità della pianta al gusto: “Il caratteristico sapore è deciso, leggermente piccante. Ricorda molto i più famosi Cavolicelli (‘Caliceddi’). Effettivamente questa verdura può essere impiegata in ricette simili”.

In particolare, continua, bisogna “lessarle in abbondante acqua, per diluire l’alto contenuto in zolfo. Saltate in padella, con olio e aglio oppure lesse, costituiscono un prelibato contorno per la salsiccia cotta alla brace. La razza può costituire anche un ottimo ingrediente per la preparazione di un condimento per primi piatti”.

Le proprietà benefiche

Dopo i tragici eventi di quest’anno, la salute è tornata al centro dei nostri interessi e del dibattito pubblico. È possibile pensare che adotteremo in futuro stili di vita più salubri, saremo più attenti nei nostri comportamenti e nella scelta dei cibi.

In particolare la Razza è stata studiata per le sue qualità sfruttabili in campo medico. “Le Crucifere – continua Coppola –  sono state studiate anche da un punto di vista della farmacognosia (branca della farmacologia che si occupa dello studio di farmaci ricavati da fonti naturali). Costituiscono una fonte naturale di ‘Indolo–3 carbinolo’, in grado di intercettare le molecole cancerogene e evitare danni al Dna cellulare”.

La ricetta

rapatrello, erbe selvatiche, Sentero Italia CAI, Sicilia
Foto di Elisa Coppola. “A pasta cca razzi”

Dopo questa lunga spiegazione, spazio al momento degustativo: “Vi suggerisco la ricetta originale – spiega l‘esperta -, che rappresenta uno delle pietanze della cucina povera siciliana. Ricchissima ovviamente di sapore. Il piatto siculo che propongo è la ‘Pasta cchi razzi’, ossia, ‘Pasta con il Ravanello selvatico’. Questo piatto fa parte di una lunga serie di ricette che ho personalmente curato, il cui ingrediente principale è costituito dalle nostre squisite verdure selvatiche siciliane”:

Ingredienti:

Razzi (le cimette e le foglie tenere)
Aglio
Peperoncino
olio E.V.O.
sale e pepe q.b.
formaggio stagionato (facoltativo),
pasta casereccia tipo maccheroni o fettuccine.

Preparazione

Far cuocere la verdura selvatica in acqua e sale. Conservare il brodo di cottura per cuocervi la pasta. A parte, in un tegame, far soffriggere nell’olio l’aglio e il peperoncino, sale e pepe e aggiungere la verdura lessata, privata dell’acqua e far amalgamare il tutto. Versare la pasta scolata nel condimento e far mantecare con un po’ di formaggio grattugiato (si può sostituire il pecorino stagionato con provola siciliana tagliata alla julienne). Impiattare e servire.

*Foto in alto Basilio Artino Martinello

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