Proseguiamo questa settimana tematica con un’intervista per noi speciale. Fotografo, scrittore e cercatore di vie, Riccardo Carnovalini ci racconta la sua esperienza di escursionista e camminatore (“la parola trekking non mi piace affatto!”). Che sia lungo il SICAI o all’estero, la parola d’ordine è “conoscenza”, intesa come forte desiderio di esplorazione e curiosità.
Vi abbiamo incuriosito? Continuate a leggere la sua esperienza e rimanete sintonizzati sui canali social ufficiali per altre sorprese!
Perché è possibile identificare il sentiero Italia come un trekking e non come un cammino?
“Partirei dalla parola Trekking che, se devo essere sincero, a me non piace affatto. Possiede quella doppia K nel mezzo che esprime durezza, esattamente il contrario dell’attività del camminare in natura, che è assoluta delicatezza ”. Se poi lo prendiamo letteralmente dal termine di origine anglosassone “To Trek” si rifà alla migrazione dei coloni Boeri olandesi che in Sudafrica attraversarono grandi spazi in autosufficienza”.
“Trekking o backpacking, per dirla all’americana, rappresenta un modo di viaggiare in ambiente in autosufficienza. Il trekking non è, però, l’essenza del Sentiero Italia che invece si pone l’obiettivo di avere i posti tappa per consentire di svolgere un viaggio con lo zaino abbastanza leggero”.
“Per questi motivi, secondo Riccardo Carnovalini, la parola migliore per esprimere un viaggio lungo il Sentiero Italia è “escursionismo” (“più vecchio stile”) oppure, ancora, “cammino”.
Secondo te, qual è la differenza tra un trekking, o nel nostro caso percorso escursionistico, e un cammino?
“È difficile esprimere una definizione precisa. I cammini, che vanno per la maggiore oggi, sono quelli spirituali o comunque legati ai Santi. Si svolgono prevalentemente in collina, un paesaggio importante del nostro Paese”.
“Ritengo, pertanto, che la differenza fondamentale tra quei cammini e il Sentiero Italia sia il dislivello. Il Sentiero Italia è un percorso di montagna che di conseguenza richiede una fatica maggiore, offrendo però in cambio grandi aperture panoramiche e l’attraversamento di luoghi che, nonostante lo spopolamento della montagna, conservano a fatica delle tradizioni culturali importanti. In sintesi: i cammini tradizionali italiani si svolgono a basse quote in aree che non hanno subito quelle trasformazioni pesanti che, invece, hanno colpito la montagna italiana, sia nell’area appenninica, sia alpina”.
“Abito lungo il Sentiero Italia, in una valle del Piemonte, la Valle di Viù. Questa zona ha visto spostarsi i suoi abitanti per andare a lavorare nelle grandi fabbriche torinesi. Il paesaggio, nel tempo, ha subito notevoli cambiamenti: basti pensare che dove un tempo erano presenti campi di segale e pascoli, al momento rimane solo bosco. L’abbandono risulta essere, dunque, una delle grandi cause della trasformazione delle montagne in Italia. Va da sé che attraversare questi ambienti richieda una preparazione diversa rispetto quella di chi parte per andare a percorrere il Cammino di Santiago, caratterizzato da poco dislivello e una grande presenza di strutture ricettive. Potremmo dire che, per tracciati come la GTA, ad esempio, è richiesto un approccio metodologico particolare: bisogna prestare attenzione agli orari di percorrenza, ad eventuali imprevisti e/o a cambiamenti meteorologici da cui deriva anche un comportamento disciplinato del camminatore”.
A tuo parere, in che stato è la sentieristica europea e quanto è sviluppato l’escursionismo?
Riccardo ha da poco terminato, insieme ad Anna Rastello, un’esperienza di 365 giorni di cammino attraverso 22 Nazioni europee. L’approccio è stato esplorativo, citando testualmente il blog: “passando dal retrobottega, percorrendo le periferie e i territori non toccati dal turismo consueto”.
“Beh, in questo viaggio di un anno in Europa sono andato insieme ad Anna, la mia compagna, prevalentemente fuori dai percorsi segnati e cercando una via personale non esistente in precedenza. Ho voluto dimostrare che in Europa il “piede” può avere libertà assoluta. Abbiamo camminato seguendo il percorso dei fiumi, attraversando zone coltivate e aree montuose, creando un itinerario nostro, non pensando poi di doverlo ripetere. Un viaggio creato dalla fantasia”.
“Tuttavia, durante quest’anno è capitato di percorrere o incrociare anche dei tracciati segnati. La Francia, a mio parere, rispetto ai 22 Paesi che abbiamo attraversato, è sicuramente la nazione con un migliore sviluppo della rete. Da lungo tempo il suo sistema di grandi randonnée, che attraversano da una parte all’altra il Paese – credo siano arrivati ad averne più di 600 e tutti a lunga percorrenza! – si pone come manifesto, essendo molto ben segnalato ed attrezzato con gîte d’étape in cui è possibile dormire a prezzi convenzionati”.
“In Germania, invece, lungo il Mittellandkanal, che è il canale navigabile più lungo d’Europa, ho incontrato molte persone che percorrevano il nostro stesso argine. Ho scoperto che quel tratto era così frequentato perchè è una delle vie che porta a Santiago. Ormai la rete dei cammini che porta a Santiago ha conquistato l’Europa!”
“Ho fatto una foto in Ungheria, per farvi un esempio, in cui era presente un cartello che indicava “3527 Km a Santiago” ma non esistevano indicazioni per il paese più vicino o informazioni utili per un camminatore in quell’area. Pertanto, credo che sia impossibile camminare nel nostro continente evitando i percorsi segnati. A questo proposito in tutte le montagne che abbiamo attraversato, dai Carpazi alla Transilvania, sono presenti itinerari a lunga percorrenza ben segnati, tabellati e attrezzati con strutture”.
“Noi non siamo forse tra i Paesi meglio dotati in quanto a sentieri, pur avendone moltissimi, però. Ritengo ci sia ancora un grande vuoto da colmare che è quello del meridione d’Italia, nonostante se si stia già cercando di fare molto. Anche il Sentiero Italia è utile, soprattutto per avvicinare un po’ il meridione all’Europa. Questo era lo scopo iniziale del progetto quando venne ideato all’inizio degli anni ‘80”.
Cosa si potrebbe fare per migliorare la qualità della sentieristica in Italia?
“Il progetto Sentiero Italia è già molto importante e va proprio in questa direzione. Quando il prezioso lavoro di manutenzione, segnatura e individuazione dei punti tappa da parte dei volontari del CAI verrà ultimato si raggiungerà un primo obiettivo. Parlo di tutte queste attività perché, come dicevamo inizialmente, di persone disposte a fare il trekking in autosufficienza in Italia non ce ne sono molte, mi capita di incontrarne ma sono prevalentemente stranieri”.
“È chiaro che questo sarà solo un primo passo, i lavori sono ancora in corso e ci vorrà del tempo per portare il meridione allo stesso livello della sentieristica delle Alpi”.
“Io credo sia fondamentale riuscire ad instillare nei più giovani e sviluppare nei più grandi l’amore, il desiderio di conoscenza e la curiosità per la nostra terra. Tutto ciò si può mettere in pratica e attivare con il camminare . Anche la scuola debba essere più attiva su questo fronte”.
“Quello che secondo me manca, prima dei sentieri segnati, è la curiosità di conoscere dove si abita. Mi piace ripetere che in Italia viviamo spesso da separati in casa, ovvero trascorriamo la nostra vita in un luogo che non conosciamo. È proprio questa voglia di scoprire che può far cambiare il vento. Non è sufficiente segnare i sentieri con le mani: i sentieri si segnano percorrendoli, soprattutto quelli con vegetazione mediterranea e quelli appenninici”.
“Le prime percorrenze dovrebbero essere della scuola. In questo momento, purtroppo, viene praticata la didattica a distanza, invece bisognerebbe svolgere la didattica nei boschi, all’aperto. È molto importante che il percorso venga effettivamente utilizzato, facendo presidio sul territorio”.
Ci sono altri percorsi che vorresti seguire o, dopo un viaggio così lungo, preferisci porre maggiore attenzione al territorio dove vivi?
“Visto il lungo viaggio che ho fatto mi sentirei di rispondere con la seconda affermazione: ora preferirei dedicare più tempo al riposo e maggiore attenzione al mio territorio. Questo perché la mia ultima esperienza si è svolta in un’età un po’ troppo avanzata: a 62 anni mi sono imbarcato in questo cammino con uno zaino molto pesante, in tenda, e molto spesso in autosufficienza”.
“È stato molto faticoso e più volte il fisico mi ha detto che stavo eccedendo, consigliandomi di desistere. Nonostante ciò, la testa mi ha portato ad andare avanti, a cercare di soddisfare quella curiosità che è stato il vero motore. Questa esperienza per me è stata un po’ un dottorato di ricerca perché svoltosi dopo quarant’anni di lunghi viaggi a piedi in Italia e in Europa. Adesso non ho un altro progetto di grande viaggio. Per il momento mi basta questo, anche perché i tempi e la pandemia non consentono di fare altrimenti: conoscere meglio il luogo in cui abito, essendo tra l’altro un luogo speciale di Montagna che vale la pena essere riscoperto. Diciamo poi che non mi annoio a percorrere gli stessi sentieri qui intorno che, ovviamente, mutano con il cambiare delle stagioni, facendomi scoprire sempre qualcosa di nuovo”.
Grazie Riccardo per la disponibilità! Per scoprire di più sull’esperienza di Riccardo e Anna attraverso l’antico continente, non perdetevi il blog 365volte Europa. Qui è possibile leggere il loro diario di viaggio e trovare anche le due ultime pubblicazioni:
Libro fotografico 365 volte Europa, Edizioni Magister
Due nonni a piedi nella nostra Europa, Anna Rastello, edizioni Didattica Attiva