Una sintesi dell’Appennino Tosco-emiliano, ma direi anche della grande bellezza del paesaggio italiano”. Così risponde Giuliano Cervi, presidente del Comitato scientifico centrale del Cai (leggi anche farfalla Apollo),  quando gli si chiede di raccontare San Pellegrino in Alpe.

Un borgo sul Sentiero Italia CAI, diviso a metà dal confine tra Toscana ed Emilia. In particolare il territorio di questa comunità è diviso tra Castiglione di Garfagnana e Frassinoro, rispettivamente in provincia di Lucca e in provincia di Modena. Il borgo è citato per la prima volta in un documento del XII secolo.

“È una specie di balcone su valle Serchio e catena Apuane. Comprende in modo organico questo settore meridionale dell’Appennino Tosco-emiliano”, spiega Cervi. A rendere interessante il panorama che lo circonda contribuisce anche la collocazione a 1525 metri d’altitudine.

Pellegrinaggio

Sentiero Italia CAI, Appennino Tosco-emiliano
Foto scattata durante una celebrazione religiosa a San Pellegrino

A rendere importante dal punto di vista archeologico il luogo è la presenza di uno degli ultimi “ospitali medievali”, racconta Cervi. Poi spiega: “Erano strutture importanti in quel periodo perché davano assistenza a coloro che dalla pianura Padana andavano in Toscana, diretti verso Roma, e dovevano attraversare l’Appennino. L’edificio esiste almeno dal Basso Medioevo, in realtà però – aggiunge – potrebbe essere molto più antico e potrebbe esserci stata già una costruzione in epoca romana”. L’edificio è diviso in una Domus e in un edificio sacro.

Da sottolineare è il rapporto con una antica via di pellegrinaggio. La via Matildica è inserita nell’atlante dei cammini del MIBACT. “Costituiva – spiega Cervi – un’importante alternativa alla Francigena del Passo della Cisa, in particolare per quei pellegrini provenienti dal nord, dall’est Europa o da Mantova. Questi viandanti potevano più facilmente raggiungere Lucca, grazie alla rete di ospitali nella valle del fiume Serchio. La fama dell’ospitale di San Pellegrino in Alpe ci consente di affermare che, già nell’XI secolo, un flusso di pellegrini non trascurabile interessava percorsi che giungevano fino in Garfagnana, transitando per il Passo delle Radici”.

Il culto di San Pellegrino

Sentiero Italia CAI, Appennino Tosco-emiliano
San Pellegrino

A rendere interessante il luogo è anche la presenza del culto per un santo irlandese. San Pellegrino in Alpe, a cui è dedicato questo edificio importante per i pellegrini che da qui transitavano, scelse secondo la tradizione di rinunciare alle sue ricchezze e di recarsi verso la Terra Santa. Forte è però il suo culto proprio in queste terre dove secondo la leggenda sarebbe morto.

“La leggenda – racconta Cervi – vuole che su invito celeste, si sia recato all’abbazia di Frassinoro sull’Appennino tra le province di Romagna, Toscana e Emilia. Decise di rimanere in questa terra per vivervi da eremita fino all’età di 97 anni. Poco prima della morte si dice avesse scritto la sua biografia su una corteccia. In un albero avrebbe poi trovato il suo sepolcro. Gli angeli aiutarono, secondo la leggenda, a giungere al sepolcro la devota Adelgarda Ferniai e il marito Pietro Modico. I due recuperarono le spoglie dell’eremita ed informarono il vescovo di Modena”.

Come nel Purgatorio di Dante

“Impedito dal sasso, che la cervice mia superba doma, onde portar convienimi il viso basso”

Così Dante nel Canto XI del Purgatorio descriveva la pena a cui erano sottoposti i superbi. Nel canto dantesco i superbi devono portare un pesantissimo masso, come contrappasso al loro peccato. Costretti a inchinarsi sotto il fardello.

Una scena che però in passato non era troppo lontana dalla realtà. Infatti i pellegrini portavano a volte dei massi lungo il proprio cammino per renderlo più faticoso. Il peso variava a seconda della loro colpa: così è nato il “Giro del diavolo”.

Il Giro del diavolo

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Il “Giro del diavolo”

A San Pellegrino in Alpe – narra l’esperto – era viva questa tradizione, che dava vita ai cumuli di pietre (giro del diavolo, appunto). Era una secolare consuetudine dei viandanti quella di caricarsi di sassi per penitenza o per voto per poi depositarli presso questo ospitale appenninico. La tradizione ricorda la stessa usanza di portare un sasso alla Croce di Ferro sul Cammino Francese per Santiago. Io ho studiato la natura delle rocce di questi cumuli, riscontrando un vastissimo areale di origine: dalle zone vulcaniche del sud Italia, al territorio alpino, dimostrando quanto diffusa fosse la devozione per San Pellegrino”.

Sentiero Italia CAI, Appennino Tosco-emiliano
Esemplare di roccia effusiva basaltica

Un museo per non dimenticare la civiltà dell’Appennino Tosco-emiliano

San Pellegrino è diventato poi un luogo importante per conservare la storia di un mondo antico che rischiava di essere dimenticato, quello della civiltà rurale dell’Appennino Tosco-emiliano. È nato qui il Museo Etnografico provinciale ‘don Luigi Pellegrini’, situato nei locali dell’antico ospitale di San Pellegrino in Alpe.

Sentiero Italia CAI, Appennino Tosco-emiliano
Santuario San Pellegrino

“La raccolta – racconta Cervi – fu creata da Don Luigi Pellegrini, che appena ordinato sacerdote arrivò a San Pellegrino nel 1948. Tutto iniziò con la scoperta di un tesoro. Nella soffitta dell’ospizio furono ritrovati tanti oggetti. Nel 1968 vennero organizzate le raccolte per le missioni: ogni famiglia dava un oggetto vecchio che non usava più. Don Luigi ne comprese il valore. In poco tempo mise insieme abbastanza oggetti da creare una prima sala per una piccola mostra. Lusingato dall’afflusso di pubblico, cominciò una frenetica raccolta. La sua intuizione fu quella di capire che, se non avesse salvato quegli oggetti, la cultura agro-pastorale di quella zona appenninica, di cui erano espressione, sarebbe andata persa”.

Un luogo prezioso

Paesaggio intorno San Pellegrino d'Alpe
Sentiero Italia CAI, Appennino Tosco-emiliano

Un’intuizione importante che ha portato alla creazione di un museo di successo. “Gli oggetti – racconta ammirato Cervi -, rappresentativi della vita rurale sull’Appennino tosco-emiliano tra la metà dell’Ottocento e gli ultimi decenni del secolo XX, erano stati raccolti in oltre venti anni di attività di ricerca, restaurati ed esposti al pubblico. I criteri espositivi erano ispirati da due linee guida: quella della ricostruzione di ambienti domestici e quella del racconto dei cicli produttivi (agricoltura, allevamento, filatura, panificazione)”.

Un luogo prezioso come lo è San Pellegrino. Uno specchio in cui un territorio bellissimo, a cavallo tra due regioni, può riconoscere sé stessa. La sua storia. Le sue radici.

*Ringraziamo per le foto Giuliano Cervi

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