Turismo lento:
ne parliamo con il mitico Maurizio Zanolla, detto Manolo

Per il mese di dicembre abbiamo intervistato un altro testimonial del marchio Montura, leggenda vivente dell’arrampicata: Maurizio Zanolla. Classe 1958, il Mago è un alpinista, una guida alpina e uno dei pionieri dell’arrampicata libera italiana, primo nel nostro Paese a salire una via d’arrampicata di difficoltà 8b e abilissimo nella pratica del free solo, disciplina in cui ha chiuso un 8a.

Manolo, tu sei un’icona vivente dell’arrampicata, ti piace anche camminare in montagna?

Mi piace moltissimo e ho sicuramente più camminato che scalato, fin da quando ero ragazzino. Camminare mi ripulisce dalle scorie fisiche e mentali ricaricandomi di nuova linfa ed energia necessaria. Trovo rilassante muovermi in questo modo, quando lo faccio nella natura la mia mente è completamente assorbita dall’ambiente i pensieri sembrano fermarsi, ma è proprio in quei momenti che inconsciamente inizio a pensare davvero. Trovo gratificante la fatica dei passi che mi portano a raggiungere i luoghi alti dove la terra finisce contro il cielo ma anche quelli che mi immergono nell’abbraccio di un bosco, di un deserto, di un prato, di una valle, di una spiaggia. Adoro camminare.    

Conosci il Sentiero Italia CAI? Quali tratte ti piacerebbe percorrere?

Certo, attraversa le Alpi l’Appennino e tutta l’ Italia isole comprese, ma è lungo molto lungo e richiede tempo. Se dovessi scegliere, ora mi piacerebbe ovviamente percorrere quei tratti che non conosco… Ma chissà, non è detto che un giorno parta per metterlo tutto insieme; mi piacerebbe moltissimo.

Secondo te il turismo lento, che va alla riscoperta delle tradizioni e dei sentieri meno battuti, può far bene anche a territori come quelli delle Dolomiti, già famosi e molto visitati? Se sì, perché?

Credo che muoversi in un modo non necessariamente più lento ma più rispettoso e consapevole sia auspicabile. Alcune rinunce sono necessarie se vogliamo davvero integrarci in armonia con la natura, per comprendere la preziosità e la necessità di quei luoghi.

L’arrampicata nella sua forma sportiva vive da anni un trend di crescita pazzesco, approdato ormai alle Olimpiadi. Storicamente è stata in certi posti uno strumento di promozione turistica straordinario: penso ad Arco per esempio, una zona ben conosciuta. Località meno famose di media montagna potrebbero puntare sulle proprie falesie per seguire l’esempio di Arco?

Alcune località, sono inimitabili, hanno potenzialità enormi; clima, quota, ambiente e localizzazione strategica, è difficile trovare luoghi come la valle del Sarca dove puoi muoverti per tutto l’anno fra frutteti e ulivi, dal lago alle grandi pareti, fra centinaia di falesie alla portata di tutti a piedi in bici e con le Dolomiti a due passi. Ho sempre pensato però che sia un peccato non sfruttare e valorizzare quello che esiste. E’ impegnativo, proprio perché mancano quegli ingredienti basilari e necessari che rendono un luogo straordinario, ma spesso è solo una mancanza d’impegno di lavoro, di creatività. Certo, serve anche un aiuto economico, ma sarà comunque qualcosa che porterà un fermento vitale, una continuità e un modo anche per tessere una grande ragnatela che aprirebbe un collegamento diverso e importante. Alcuni luoghi non hanno falesie straordinarie, ma storie straordinarie e andrebbero valorizzati almeno per l’importante valore culturale che hanno espresso.

Da Guida alpina e da montanaro, pensi che questa fase di ripresa dalla pandemia sia un’occasione da non perdere per la montagna?

Io penso che la montagna non debba più perdere nessuna occasione e questo è un pensiero che va collegato ovunque. Non andremmo da nessuna parte se non incominciamo seriamente a credere che esiste un solo modo per continuare che ha bisogno di tutti noi insieme, pianura, collina, montagna, mare…

Foto di Daniele Lira
Foto di Daniele Lira
Foto di Daniele Lira
Foto di Daniele Lira
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